Dark Fall: Il Diario dei Misteri

L’avventura grafica è uno dei generi videoludici che meno risente delle evoluzioni tecnologiche. È un campo in cui la creatività dei game designer è messa particolarmente alla prova, e dove una buona idea e una trama ispirata possono soppiantare un aspetto tecnico non eccelso e un reparto visivo non troppo attraente. Con la giusta inventiva, un’avventura può risultare nel tempo un titolo sempreverde.
Capita quindi che nel 2004 arrivi in Italia (benché in altre parti del mondo fosse uscito due anni prima) “Dark Fall: Il Diario dei Misteri”, avventura in prima persona distribuita dalla XXv Production e autoprodotta dall’autore e sviluppatore principale, Jonathan Boakes.

 

 

 

I computer dei due studenti danno accesso a molti indizi fondamentali.

Peter Crowhurst, fratello del personaggio che interpreteremo, lascia un preoccupante messaggio sulla nostra segreteria telefonica: durante i suoi lavori di ristrutturazione alla stazione Dowerton e all’albergo adiacente, qualcosa di terribile sta accadendo, e chiede quindi il nostro aiuto. Senza farci pregare saremo in un batter d’occhio a Dowerton e ci troveremo di fronte a uno scenario freddo e desolato. Ben presto comprenderemo che in quel luogo sono avvenute negli anni molte sparizioni, e che quelle di Peter e di due studenti universitari (Polly e Nigel, al lavoro su una tesi sul paranormale) non sono che le ennesime di una lunga lista.
Arrivati sul posto, la voce di un bambino scomparso ci guiderà lungo i primi minuti della storia. Immergendoci all’interno dell’immenso albergo scopriremo che alcune sparizioni furono attribuite al vecchio proprietario, George Cabtree, anch’esso svanito nel nulla. Fra una ricerca e l’altra, saremo perseguitati da inquietanti sussurri, strane apparizioni e voci echeggianti: forse, a Dowerton, siamo meno soli di quanto avremmo voluto essere…

È necessario collocare questi pezzi di metallo nelle posizioni giuste. Non c'era una foto che ritraeva una cosa del genere, in giro?

Nato da un racconto breve dello stesso Boakes (nella vita un vero ‘cacciatore di fantasmi’), e inizialmente concepito come titolo da diffondere solo ad amici e famiglia, “Dark Fall” è stato poi distribuito dalla Adventure Company, divenendo in breve un piccolo cult.
Il gioco, realizzato interamente con Macromedia Director (e, sia per questo dettaglio che per altre analogie di concept e di atmosfere, ricorda il vecchio “Amber: Journeys Beyond”) si presenta in modo assai scarno, quasi amatoriale: visuale in soggettiva a 640×480 pixel, immagini statiche, pochissime e dozzinali animazioni (perfino il cursore – intelligente – è quanto di più semplice possa esistere), inventario minuscolo in alto allo schermo, musiche praticamente inesistenti e parlato ridotto al minimo. Un aspetto del genere non può attirare il fruitore medio, e la complessiva lentezza del gioco, unita a uno spaesamento iniziale dovuto a un alto numero di locazioni esplorabili fin da subito, può sicuramente intimorirlo. In particolare, il comparto visivo va al di là del rètro: una grafica del genere, infatti, sarebbe stata considerata antiquata perfino alla fine degli anni ’90.
Ma se si riesce ad andare oltre la facciata, concedendo qualche chance al buon Jonathan, “Dark Fall” si dimostra un piccolo grande gioiello, realizzato con molta passione, inventiva e cura maniacale.

Alcuni simboli appaiono nei punti più impensati...

Innanzitutto, si impara ad apprezzare la bellezza delle locazioni, disegnate ottimamente e ricche di dettagli: l’atmosfera anni ’40 è perfettamente resa, e gli ambienti oscuri appaiono tali grazie al sapiente utilizzo di colori e ombre.
Ma, in realtà, il primo aspetto che colpisce davvero è il suono. Jonathan Boakes, in un’intervista, ha dichiarato che una buona atmosfera si crea al 70% tramite il buon utilizzo del sonoro: almeno in quest’occasione, non si può proprio dargli torto. Pur non potendosi, di fatto, mettere mai nei guai (la morte del protagonista non è contemplata), “Dark Fall” è infatti un gioco che riesce concretamente a generare tensione, angoscia e ansia. In due parole: fa paura. Tale emozione la si deve soprattutto agli echi, ai rintocchi, ai riverberi, alle voci sussurrate e quant’altro, realizzati magistralmente e mai gratuiti. In particolare, alcuni effetti (come i campioni sonori nel computer di Polly, o i suoni dalla cornetta del telefono) sono davvero agghiaccianti, segno di un gran lavoro di manipolazione audio da parte dell’autore.
Una tensione così elevata può costringere il giocatore a effettuare frequenti pause fra una sessione di gioco e l’altra poiché, alla lunga,  l’atmosfera può risultare talmente opprimente da poter impedire nel tempo un ragionamento efficace e il mantenimento di una mente perfettamente lucida.

Fin da subito è possibile fiondarsi in cantina e tentare di risolvere quelli che possono considerarsi gli unici veri e propri enigmi del gioco (intesi come ‘ostacoli’ per proseguire nella storia). Purtroppo per il protagonista non è tutto così semplice: esplorare a fondo l’albergo, nel tentativo di portare a termine i puzzle contenuti nelle numerose camere, non conduce a reali evoluzioni nella storia, ma sblocca una gran mole di informazioni, indispensabili per superare gli enigmi della cantina.
È perfino possibile (anche se assai improbabile) superare parte dei puzzle finali andando per tentativi: questo però non accade con l’enigma conclusivo, che necessita il riconoscimento di ben dodici simboli e l’immissione manuale da tastiera del relativo significato.

Lo speciale visore di Polly e Nigel facilita la nostra comunicazione con gli 'spiriti'.

In “Dark Fall” si trascorre il tempo a esplorare le oscure camere dell’albergo e a leggere una gran quantità di documenti, appunti e diari personali, ricchi – fra le altre cose – di indizi (a volte chiari, a volte molto meno). A tratti sembra di essere lasciati un po’ alla deriva, abbandonati in un enorme edificio all’interno del quale non si può interagire con nessuno, e in cui le uniche voci che si odono sono quelle dell’aldilà: in realtà, però, il gioco riesce quasi sempre a consegnare le giuste ‘imbeccate’ prima che sopraggiunga la noia, e l’andamento rigorosamente non lineare impedisce il più delle volte di impantanarsi. Non si tratta di un titolo particolarmente arduo da portare a termine: la sua difficoltà sta proprio nel dover necessariamente lasciarsi coinvolgere dall’atmosfera e appuntare tutto ciò che capita a tiro, tenendo sempre ben attivo lo spirito d’osservazione.
Al di là della discreta varietà delle sfide, sono molte le azioni ‘facoltative’ (atte ad ampliare il background o a elargire indizi più chiari) che incrementano la non linearità: un esempio è costituito dalle possibilità offerte dallo speciale ‘visore’ dei due studenti, che consente di decifrare testi particolari o di ‘vedere’ al di là della realtà.
Purtroppo, la (comunque degna) traduzione dei testi non è completa al 100%, e alcune delle suddette azioni non sono sostenute dai sottotitoli: si rischia quindi di perdersi alcuni indizi e riferimenti, spesso mascherati fra brevi sussurri.

La mancanza di una sceneggiatura in senso classico, infine, non implica l’assenza di una trama: attraverso le numerose letture si scopre infatti una vicenda non solo precisa e complessa, ma anche intrigante, che invita all’approfondimento delle caratteristiche degli ‘invisibili’ personaggi.

Attraverso una variante del cinematografo avremo la possibilità di vedere alcuni filmini realizzati da uno degli scomparsi.

Dark Fall: Il Diario dei Misteri” è un titolo i cui difetti (ma lo sono davvero?) risiedono quasi esclusivamente sull’aspetto visivo semi-amatoriale. Per il resto si tratta di un’avventura speciale, ricca e coinvolgente.

     

La citazione:
Peter: Se ci sei, rispondi, sono io, tuo fratello… oh, speravo che fossi in casa. Avevo bisogno che fossi in casa. So cosa stai pensando, ‘chiama solo quando è nei guai’. Beh, sono nei guai, guai grossi. Sono ancora a Dorset. Non sono il solo qui. Ci sono anche due studenti dell’università di Weymouth. Polly e Nigel. Cacciatori di fantasmi, ci crederesti? Beh, io non ci credevo. Ma adesso sì. Devi partire subito, ho bisogno che tu venga qui.

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Categories: videogiochi

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