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25/07/2011
FORTISSIMAMENTE HYPE



Ho avuto modo di parlare della 'questione dell'hype' già qualche anno fa. Però... non ce la faccio, sono costretto a ritornarci.
Parliamo del nuovo "Tomb Raider" by Crystal Dynamics. Annunciato a gennaio di quest'anno, la press release consisteva nelle solite promesse: una nuova Lara, gameplay vario, la precisazione che si tratta di un reboot (N'ALTRO?!?!), bla bla bla. Solita roba trita che DI CERTO non può far scattare l'hype, specialmente se si considera una serie nota per dividere il pubblico a metà, adoratori e detrattori a oltranza. Eppure, di colpo i forum venivano inondati di gente esaltata che definiva questo nuovo titolo 'molto più promettente' dei precedenti; persone che giuravano di concedere 'la prima chance' a Lara. Giocatori allergici al nome dell'inglesina che all'improssivo si mostravano interessati. (no, davvero, pareva di assistere alla gag di "South Park" con i bambini esagitati di fronte al trailer di "Culi di Fuoco 2")

Cos'è che aveva innescato tale epidemia di fanboysmo? Perchè questa mossa aveva funzionato meglio di quanto avrebbe dovuto?
L'annuncio non finiva lì. C'era anche dell'altro.
Un artwork. Un'immagine. Questa qua.
No, sul serio, questa qua.

Ora, dovete sapere che col tempo ho imparato a riconoscere i meccanismi che scatenano l'hype e a esserne quasi sempre immune (salvo qualche caso). O almeno così credevo, perchè questa volta proprio non riesco a capire come abbia fatto un semplice artwork (per quanto ben fatto, certo) a innescare una tale dose di hype. Di fronte a questo mi arrendo e mi tocca piegarmi al potere misterioso del marketing. (all'E3, mesi dopo, sarebbe poi apparso il trailer che potete vedere in alto, effettivamente interessante)

Il troppo hype può essere, comunque, un'arma a doppio taglio. Tempo fa "Assassin's Creed" venne (a mio avviso) esageratamente criticato solo per l'attesa messianica che aveva anticipato la sua uscita. Naturalmente le vendite andarono a gonfie vele, quindi felici i markettari felici tutti, però il titolo in sè meritava - forse - un'analisi più distaccata.
Per fortuna, "Assassin's Creed II" (nuovo articolo, YEAH!) è piaciuto un po' a tutti, sia perchè è stato accolto con meno esaltazione e sia perchè è un gran bel titolo.
Ma la questione dell'hype è ben lungi dall'essere chiusa. Quali sono i meccanismi secondo cui una campagna pubblicitaria, un video o perfino una semplice immagine riescono a ottenere tanta influenza?





20/06/2011
E ALLA FINE ANCHE IL DUKA SI INGINOCCHIO' AL DUKA




Cosa vi aspettavate?
Riuscire a soddisfare le aspettative riposte in un titolo pompato dall'hype è sempre piuttosto difficile.
Sperare di riuscire a farlo con il sequel di un titolo cult che ha rivoluzionato il suo genere, un seguito iperbramato da quasi 15 anni e atteso ormai con scetticismo da chi si era arreso a considerarlo il più valido esempio di vaporware della storia, diventa praticamente impossibile.
“Duke Nukem Forever” non può essere giudicato se non in modo eccessivo. C'è chi lo reputa una totale ciofeca e chi lo trova molto divertente: le vie di mezzo non sono previste.
Eppure, se si prova a diradare le nebbie della nostalgia e ci si spoglia dagli abiti del fanboy deluso, si può scoprire che il pomo della discordia può essere effettivamente divertente.

Duke rutta, prende a cazzotti gli zebedei dei 'boss', sfotte allegramente la concorrenza, mostra il dito medio alla nave madre aliena e piscia sulle orbite dei cadaveri del supercattivo mentre fischietta il suo main theme musicale. Cosa vi aspettavate?
“Duke Nukem Forever” è un onesto more of the same del vecchio “3D”, ma per forza di cose non può riuscire a replicare il boost evolutivo del suo predecessore (sebbene in molti dimenticano le innovazioni del buon vecchio “Star Wars - Dark Forces”), né può rischiare di farlo quando basta riproporre l'antica formula - mai davvero replicata con successo - e cercare di spingerla al limite. In effetti, il nuovo Duka è talmente (auto)celebrativo da sembrare a tratti un prodotto da fangame, ma per fortuna l'(auto)ironia riesce a stemperarne l'effetto.
È anche vero che una grafica già attempata e alcune feature prese in prestito dalle console fanno comprensibilmente poca gola agli fpsisti duri e puri, ma la grande varietà di scenari e parecchi piccoli 'enigmi' ambientali bilanciano la situazione, almeno fin quando non si realizza che “Duke Nukem Forever” non può e non vuole essere analizzato con una lente di ingrandimento: è un inno al cazzeggio spiazzante nella sua purezza, e come tale non è adatto a essere sviscerato o vivisezionato. Tornare manzi, ottusi e testosteronici è il modo più rilassante e indicato per godersi il 'nuovo' Duka, così come quando si rivede un vecchio film di Stallone. D'altra parte, cosa vi aspettavate?

Il problema è un altro, e non nasce necessariamente dagli sviluppatori del gioco. Purtroppo, “Duke Nukem Forever” è destinato a fallire a causa del motivo più banale: il peso del mito. Gran parte dei giocatori non può essere in grado di desacralizzare l'icona desacralizzante. E allora lo scettro non può che restare saldo al King originale, soprattutto a causa del suo pesante 'ricordo' piuttosto che per le sue effettive (e indiscutibili) qualità: il Duke del 2011 si inginocchia quindi al Duke del '96… e il resto della storia è piuttosto scontato, almeno finchè non salterà fuori un “Duke Nukem Forever 2” che si farà beffe di questo ritorno.
Fino ad allora, una rigiocatina disincantata al vecchio “Duke Nukem 3D” sarebbe cosa buona e giusta. Magari, disinserendo la 'modalità nostalgismo' riusciremo più facilmente a inserire il sequel nella giusta prospettiva e a fare chiarezza sul cosa sarebbe stato giusto aspettarsi di così diverso da “Duke Nukem Forever”.