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20 Novembre 2008
IL CORAGGIO DI DIRE BASTA
Una delle conseguenze più ovvie del mercato è quella di sfornare prodotti sequel di titoli di successo, così da garantire comunque - al peggio - un certo rientro economico assicurato.
Inutile menzionare lo scetticismo con cui vengono accolti alcuni seguiti, tacciati di essere realizzati 'solo per soldi' e che, in effetti, spesso ripropongono stancamente le idee del capostipite, con qualche upgrade al gameplay e qualche effetto grafico in più.
Nonostante alcuni autori riescono a imporsi e imporre certe condizioni che sfuggano a questa regola (come il buon Tim Schafer: pensate però a quante avventure potrebbero essere ambientate negli universi di "Psychonauts" e "Grim Fandango"!), un modo 'furbo' per poter poter rendere tutti felici e contenti è creare un personaggio (o un concept) che ben si adatti a un'eventuale struttura seriale, come un investigatore o qualcosa del genere (pensate a Gabriel Knight).
Phoenix Wright è un caso anomalo. Pur appartenendo alla categoria sopra esposta (cioè potrebbe teoricamente essere protagonista di un numero infinito di avventure), ha preso congedo con il terzo gioco della saga di "Ace Attorney" ("Phoenix Wright - Ace Attorney - Trials and Tribulations"), probabilmente in seguito a una mossa coraggiosa dell'autore Shu Takumi che ha deciso di dire basta prima che il personaggio venisse scarnificato da sequel troppo insistenti e poco inventivi.
Naturalmente, la Capcom s'è aperta una scappatoia (il brand che prosegue con "Apollo Justice - Ace Attorney" a opera di un diverso autore, lo spin-off su Edgeworth di prossima uscita), la scelta di mandare in pensione Phoenix resta comunque lodevole, e dovrebbe far riflettere non solo molti autori e produttori attivi nel mondo dei videogiochi, ma anche quelli del mondo del cinema.
Altri esempi di rilievo? "Metal Gear Solid"?
Una delle conseguenze più ovvie del mercato è quella di sfornare prodotti sequel di titoli di successo, così da garantire comunque - al peggio - un certo rientro economico assicurato.
Inutile menzionare lo scetticismo con cui vengono accolti alcuni seguiti, tacciati di essere realizzati 'solo per soldi' e che, in effetti, spesso ripropongono stancamente le idee del capostipite, con qualche upgrade al gameplay e qualche effetto grafico in più.
Nonostante alcuni autori riescono a imporsi e imporre certe condizioni che sfuggano a questa regola (come il buon Tim Schafer: pensate però a quante avventure potrebbero essere ambientate negli universi di "Psychonauts" e "Grim Fandango"!), un modo 'furbo' per poter poter rendere tutti felici e contenti è creare un personaggio (o un concept) che ben si adatti a un'eventuale struttura seriale, come un investigatore o qualcosa del genere (pensate a Gabriel Knight).
Phoenix Wright è un caso anomalo. Pur appartenendo alla categoria sopra esposta (cioè potrebbe teoricamente essere protagonista di un numero infinito di avventure), ha preso congedo con il terzo gioco della saga di "Ace Attorney" ("Phoenix Wright - Ace Attorney - Trials and Tribulations"), probabilmente in seguito a una mossa coraggiosa dell'autore Shu Takumi che ha deciso di dire basta prima che il personaggio venisse scarnificato da sequel troppo insistenti e poco inventivi.
Naturalmente, la Capcom s'è aperta una scappatoia (il brand che prosegue con "Apollo Justice - Ace Attorney" a opera di un diverso autore, lo spin-off su Edgeworth di prossima uscita), la scelta di mandare in pensione Phoenix resta comunque lodevole, e dovrebbe far riflettere non solo molti autori e produttori attivi nel mondo dei videogiochi, ma anche quelli del mondo del cinema.
Altri esempi di rilievo? "Metal Gear Solid"?
