Shadow of Memories

Impersoniamo un uomo senza passato di nome Eike, ovviamente giovane e bello - secondo i canoni giapponesi -, che vediamo morire nel filmato introduttivo accoltellato alla schiena da un ignoto assassino. Il poveretto, spaesato, si risveglierà in quella che crede essere l'anticamera dell'inferno, per poi scoprire che gli è stata concessa una possibilità di tornare indietro nel tempo ed evitare la propria morte, grazie a un fantascientifico strumento di nome Digipad che permette salti temporali. Il tutto è spiegato al nostro eroe da una voce spettrale e poco rassicurante che ci introduce al gioco e ci spiega i rudimenti dell'interfaccia.
Perché gli è stata data una seconda possibilità? Chi è il misterioso omicida? Chi è l'essere che gli ha permesso di tornare in vita? Sono solo alcune delle molte domande che ci porremo all'inizio del gioco; domande che si moltiplicheranno nel corso della storia, composta da una trama piuttosto intricata e di indubbio fascino.
Dopo essere tornati a vivere ed evitato la morte, Eike scoprirà tristemente di non poter cantare vittoria a lungo perché continuerà ad essere perseguitato da numerosi attentati, che dovremo prontamente sventare negli otto capitoli del gioco, fino all'epilogo chiarificatore. Naturalmente non è tutto qui, poiché il protagonista sarà costretto ad agire anche sul passato di altri personaggi del gioco, trovandosi a viaggiare anche diversi secoli prima per salvare la vita a sé stesso o, spesso, ad altri. Curiosa e azzeccata la scelta dei colori nelle diverse epoche storiche: se per il presente sono stati adottati colori vivi e accesi, nel 1500 troveremo un atmosfera 'autunnale' e nell'800 il vecchio bianco e nero.
Lo stile del gioco è abbastanza interessante: impossibile non citare il classico “Final Fantasy VIII” che, nonostante sia diversissimo come atmosfera e come genere da “Shadow of Memories”, lo ricorda soprattutto per l'impatto visivo e l'attenzione all'aspetto 'umano' della vicenda. Non mancheranno, quindi, alcuni interrogativi sul valore della vita e dell'amore, se pur in maniera più leggera e meno presente rispetto al succitato gioco di ruolo. Questo stile, abbinato ad una storia che ci prende dall'inizio e che dà il meglio nei capitoli finali, quando tutti i nodi vengono al pettine, ci permette di godere della bontà della sceneggiatura e dei (numerosi) colpi di scena, con indizi sparsi qui e là per i lunghissimi filmati del gioco. Perché sì, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio film interattivo: le sequenze animate sono numerosissime, seppur molto belle visivamente (le animazioni sono molto convincenti, con tanto di espressioni facciali, e la regia che alterna sequenze di riflessione a movimenti improvvisi di camera, comprendendo anche gli ottimamente integrati flashback, è ottima) e costituiscono gran parte del gioco. L'interattività è infatti ridotta davvero all'osso nelle sezioni 'giocabili', peraltro molto semplici (si tratta di premere INVIO nel posto giusto al momento giusto). Il tutto non aiuta certo la longevità, visto che è possibile finire “Shadow of Memories” in circa cinque ore di gioco. C'è di buono però, che, come la Capcom insegna, il titolo possiede diversi finali diversi (cinque o sei) e differenti modi di sviluppare la trama, che fanno guadagnare punti alla rigiocabilità. Questa, però, resta una magra consolazione.
Controlleremo il personaggio con la tastiera, muovendoci in un ambiente 3D (un po' spoglio ma funzionale) con visuale da dietro le spalle (è possibile ruotare la camera). Niente doppio click per arrivare a una locazione, quindi, né scorciatoie per saltare da un punto all'altro della mappa. Poco male, poiché nella città nella quale il gioco è ambientato sono disseminati diversi 'punti energia' che ci consentono di viaggiare nel tempo. Senza di essi, infatti, il Digipad non avrà energia sufficiente per spostarci nelle diverse ere: un espediente dei programmatori per costringerci a girare il mondo che hanno creato senza perdere nulla (o quasi) della storia. L'interfaccia, come avrete capito, è semplicissima: con INVIO potremo fare praticamente tutto (dal parlare con i personaggi ad usare o prendere un oggetto), mentre lo striminzito inventario (nel quale non si possono combinare oggetti fra loro) ci permetterà di usare l'oggetto giusto solo nel momento in cui serve.
Tutto leggero e immediato, quindi? Affatto, perché la cosa più frustrante e assolutamente inaccettabile del gioco è la mancanza di salvataggi 'liberi', costrizione decisamente irritante per aumentare la scarsa longevità. Ah sì, certo, possiamo salvare alla fine dei (lunghi) capitoli, peccato che se moriamo (per una volta di troppo, s'intende) proprio verso la fine del capitolo, dovremo ricominciare da capo… e la cosa peggiore (e, di nuovo, inspiegabile) è l'impossibilità di poter saltare i - belli, ma che noia sorbirseli decine di volte - filmati d'intermezzo (è possibile evitarli solo nel caso in cui avremo già completato almeno una volta il capitolo: assolutamente senza senso). Una scelta che aumenterà a dismisura la vostra frustrazione e che vi farà desiderare di lasciare il gioco a metà (e vi confesso che l'idea mi è balenata nel capitolo 6, dopo aver rivisto per l'ennesima volta lo stesso lunghissimo filmato).
Scarsa interattività, interfaccia ostile, semplicità eccessiva, brevità esagerata… un film interattivo (nel senso dispregiativo del termine) a tutto tondo.
Eppure il gioco saprà comunicarci delle emozioni: soffriremo nel vedere il dolore di un padre dopo il rapimento della figlia, sorrideremo di fronte ai teneri battibecchi fra fratelli, odieremo il cinismo dello 'spettro' che ci ha fatto tornare in vita etc… merito soprattutto della valida narrazione, che raggiunge livelli di ispirazione pura nel finale, con un abilissimo uso dei paradossi temporali e dei colpi di scena.
Non brillando particolarmente per gli effetti sonori o per le musiche (ottime, comunque, le voci in inglese, sottotitolate non troppo fedelmente in italiano), ed essendo appesantito da numerosi difetti piuttosto gravi, ci accorgiamo che la forza del gioco è tutta lì, nella bravura nel raccontare una buona storia. Prerogativa di ogni buona avventura grafica, però, è curare l'aspetto narrativo quanto l'aspetto interattivo e in questo, mi spiace molto dirlo, “Shadow of Memories” fallisce, e non si eleva a più di un 3 su 5 nella mia valutazione.
 
P.s. Ho terminato il gioco in due modi diversi (so che ci sono, però, diversi altri percorsi, non solo nel finale), e i finali spiegano solo alcuni dei numerosi punti oscuri, i quali probabilmente vengono 'tappati' solo risolvendo tutto ciò che è possibile: ricominciando da capo il gioco dopo averlo terminato la prima volta, è infatti presente una barra che indica la percentuale degli enigmi risolti, così da darci un'idea su quanto abbiamo visto e quanto ci sia ancora da vedere.
by Gnupick
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