Innocent Until Caught 2: Guilty

Tempi duri per Jack T. Ladd: durante un disperato – e demenziale – tentativo di furto (rubare da un camion del latte), il giovane ladruncolo viene colto in flagrante dalla tenace Ysanne Andropath, agente della polizia federale galattica, e condotto in manette sulla sua astronave. Nessuna cella, però, può tenere a bada il nostro Jack, che in poco tempo riesce a evadere; Ysanne, nel frattempo, svela una minaccia aliena proveniente da un remoto pianeta. Ai due non resterà quindi che siglare un’alleanza forzata e temporanea al fine di sventare il pericolo, cercando nel frattempo di ripulire, a uno a uno, gli altri pianeti in difficoltà.

Tentare di racimolare qualche entrata facile proponendo un sequel di un titolo di successo è la strategia preferita di molti produttori. “Innocent Until Caught” non era stato una hit irrinunciabile, ma si trattava di un’avventura spensierata e rassicurante che riusciva a divertire senza troppe pretese. È però con un approccio eccessivamente ‘di comodo’ che i Divide by Zero (con Andy Blazdell di nuovo a capo del progetto) si sono avvicinati a “Guilty: Innocent Until Caught 2” (anno 1995): nonostante qualche miglioria tecnica (ben poche, a dire il vero), il gioco risulta infatti un prodotto poco ispirato e tutt’altro che necessario, che perde il confronto anche con il – comunque non eccezionale – predecessore. L’impressione generale è che gli autori abbiano cercato di confezionare un prodotto in fretta e furia per far facilmente cassa in vista di un titolo più ambizioso (“The Orion Conspiracy”), curando alla bell’e meglio i vari aspetti.
Ma andiamo con ordine.

Dopo l'intro, è possibile scegliere quale dei due protagonisti interpretare attraverso questa schermata. Il personaggio non giocabile continuerà a girare fra le varie room senza una meta precisa (un po' come avveniva col Virtual Theatre di "Lure of the Temptress"), ma scordatevi enigmi in 'tandem'.

Dopo appena un anno e mezzo dal gioco originale (datato 1993) non si poteva certo pretendere uno stravolgimento del comparto tecnico, e in effetti i programmatori si limitano ad alleggerire l’interfaccia e a ripulire la grafica, mentre il numero complessivo di animazioni dei personaggi risulta inferiore rispetto al capostipite. Se invece il lato sonoro/musicale (piuttosto anonimo e generalmente sgradevole) segue la falsariga tracciata da “Innocent Until Caught”, una novità giunge dal parlato completo, ben recitato in inglese.

Nonostante possa sembrare indovinata l’idea di un’avventura nello spazio nella quale si salta continuamente da un pianeta all’altro con conseguente varietà di situazioni e location, il gioco tradisce in realtà una struttura a camere stagne alquanto invadente: a ogni mondo nuovo, limitato a pochissimi ambienti, corrisponde infatti una serie di enigmi da risolvere obbligatoriamente prima di poter passare al viaggio successivo. Quindi, a differenza di quanto accadeva con il gioco originale, nel quale si presentava da subito una grande città da esplorare, in “Guilty” sono disponibili solo una manciata di room alla volta (a dispetto dell’illusione di poter perlustrare un intero pianeta) che, associate a un game design di tipo classico (manipolazione di oggetti), tendono ad abbassare sensibilmente il livello di difficoltà. Gli autori cercano di rimediare realizzando enigmi ‘scorretti’, con frequente ricorso al pixel hunting (uno dei difetti del primo episodio) e con la presenza di un enorme labirinto posto verso la metà dell’avventura: tali accorgimenti, piuttosto che migliorare le cose, si traducono però in viva frustrazione.

Durante i dialoghi i primi piani sono stati completamente ridisegnati: ora lo stile adottato è quello cartoon ed è anche presente qualche animazione.

La vera novità consiste comunque nella possibilità di interpretare l’avventura da due punti di vista differenti, scegliendo di impersonare Jack o Ysanne. Se il ladruncolo risolverà i problemi a suo modo, ovvero con inganni e piccoli sotterfugi, la giovane poliziotta si batterà invece per far prevalere la giustizia, occupandosi nel contempo dei lati tecnici relativi alla sua astronave. Gli approcci sono abbastanza diversi da garantire una certa freschezza, ma l’idea presenta alcuni difetti: innanzitutto, le due avventure sono solo apparentemente complementari (nonostante qualche volta sembrino incrociarsi con coerenza) e vivere la storia come uno dei due protagonisti implica assistere a una vicenda indipendente che cozza in più punti con quella dell’altro personaggio; inoltre, l’espediente maschera l’ennesimo tentativo di allungare il brodo, proponendo un riciclo delle locazioni che alimenta la convinzione che si stia cercando di coprire l’infelice binomio ambienti ristretti / struttura classica.

Il labirinto è inutilmente dispersivo e contorto ed è presente in entrambe le avventure: in più, con Ysanne bisognerà anche sparare a degli alieni, ma l'azione è praticamente facoltativa. Demenziale.

La speranza di risollevare le sorti del gioco risiede quindi nell’aspetto narrativo e, più in generale, nello stile spensierato e leggero che era un po’ il fiore all’occhiello di “Innocent Until Caught”: purtroppo, però, anche su questo versante impera la complessiva pochezza di questo sequel. L’intreccio – praticamente inesistente – resta bloccato al plot iniziale (non certo esaltante) e durante il gioco si affrontano trame secondarie ben poco coinvolgenti. Perlomeno i due protagonisti possiedono una buona caratterizzazione, ma l’interazione fra loro è stranamente molto limitata, relegata a piccoli battibecchi espressi attraverso pochi dialoghi (comunque poco brillanti) e a una lieve – ma ampiamente prevedibile – evoluzione del rapporto nelle battute finali.
Deludono anche le comparsate di vecchi personaggi, ridotti a brevi apparizioni superflue e decontestualizzate: se, quindi, il buon Narm (che, in coppia con Jack, aveva regalato le migliori gag del precedente capitolo) appare sottotono, del tutto inutile è il cameo finale del supervillain di “Innocent Until Caught”, un basso pretesto per tentare di legare i due giochi fra loro e salvare una storia senza mordente.

Le cutscene spaziali in Full Motion Video sono realizzate piuttosto bene.

Meno spiritoso e più breve del capostipite, “Guilty” rappresenta la fine (prematura?) di una serie globalmente modesta. I numeri per poter confezionare un’avventura quantomeno spensierata, come l’originale, non mancavano di certo, ma la poca convinzione e una generale incapacità nel saper sfruttare le (poche) idee consegnano il povero Jack Ladd a una triste pensione anticipata.

     

La citazione:
Jack: UNA DONNA? Sono stato arrestato da una DONNA?
Ysanne: Non da una donna QUALSIASI, verme. Sei stato arrestato da Ysanne Andropath, Agente della Polizia federale!

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Categories: videogiochi

avatar Gnupick

2 Responses to “Innocent Until Caught 2: Guilty”

  • avatar Alchemic ha detto:

    ..Ripasso per un veloce commento. Come al solito, ottima recensione – però secondo me sei stato un po’ troppo severo. 😀

    E’ vero che la coerenza delle due storie non è perfetta, com’è anche vero che le locations incontrate con Jack ed Ysanne siano fondamentalmente le stesse, tranne per qualche piccola differenza. Però non mi sembra una cosa del tutto negativa – anzi, in qualche modo contribuisce alla complementarietà delle “versioni” dei due personaggi. Sarebbe stato altrimenti troppo difficile armonizzarle.

    Sull’illusione dei pianeti ti do ragione, specialmente quello desertico: si ha l’impressione di una grande longevità ogni qual volta ci si imbatta in un nuovo pianeta, ma di fatto gli enigmi non proprio superlativi velocizzano di troppo il transito..!

    Il pianeta più brutto è proprio quello delle caverne..! Ma quasi tutti i videogame dell’epoca allungavano il brodo con l’improponibile labirinto di turno. In fondo, con tutti gli oggetti inutili a disposizione (ed il solito sistema scomodo di inventario) veniva naturale adoperare il trucchetto del filo di Arianna..

    Un saluto! 🙂

  • avatar Gnupick ha detto:

    Ciao :),
    secondo me sarebbe stato interessante avere due avventure complementari che esplorassero lati diversi della stessa storia: in questo modo sarebbe scattata subito la rigiocata con l’altro personaggio. Invece le due storie si sovrappongono, ed è un peccato, anche perchè il gioco manca di quella verve che aveva il primo episodio e non si è particolarmente invogliati a rigiocarlo con l’altro protagonista.
    Per il labirinto è più forte di me… non riesco proprio a perdonarli, neanche quelli di Zak McKracken :D.

    Comunque non sei il primo che mi dice che sono troppo severo… hai probabilmente ragione, lol.


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