Orion Conspiracy, The

L’effetto Orion è uno strano fenomeno fisico mai verificatosi prima del 2160. Questo singolare evento riguarda la nascita di un gigantesco buco nero, apparentemente dal nulla, nei pressi della stazione spaziale Cerberus. La stazione è controllata da due compagnie, la Kobayashi e la Mogami-Hudson (l’una finalizzata alla ricerca scientifica e l’altra all’archeologia), che convivono in un rapporto a prima vista amichevole, ma in realtà logorato da una guerra combattuta pochi anni prima.
Un giorno, a un giovane scienziato viene affidata una missione di routine nello spazio. Per ragioni sconosciute, però, l’operazione finisce in tragedia e il ragazzo viene risucchiato dal buco nero. Devlin McCormack, giunto da lì a poco sulla Cerberus in occasione dei funerali del figlio, comprende ben presto che la sua morte non è stata un incidente: uno strano messaggio anonimo infilato sotto la porta gli comunica che è stato ucciso.
Devlin indaga sull’accaduto interrogando tutti i presenti, ma purtroppo lo shuttle che ha il compito di riportarlo a casa è prossimo all’arrivo. Per questo motivo, il primo compito dell’uomo sarà impedire la venuta della navetta ‘taxi’, dopodiché potrà dedicarsi alla ricerca della verità. Ma si sa: scavando troppo a fondo, si rischia di far venire alla luce molto più di ciò che si vorrebbe effettivamente scoprire.

Gran parte degli occupanti si riuniscono per i funerali di Danny McCormack. L'oratore è il capitano della Kobayashi.

Con “The Orion Conspiracy” (1995), Andy Blazdell e il team dei Divide By Zero decidono di abbandonare le atmosfere irriverenti di “Innocent Until Caught” e seguito in favore di una trama più adulta, oscura e opprimente, in cui sia l’umorismo che i momenti di leggerezza vengono ferocemente banditi.
La fantascienza resta la componente primaria, ma possiede tratti più freddi e densi rispetto a quella osservata nelle avventure del ladruncolo Jack T. Ladd. Si tratta di un’ambientazione presa di peso dalle produzioni letterarie e cinematografiche del genere, ma che sprigiona comunque un certo carisma, soprattutto grazie alla cura profusa nel realismo e in ogni singola storia personale. Nel corso della prima metà dell’avventura, infatti, Devlin dovrà girovagare lungo la stazione e fare domande a tutti i presenti: ognuno di loro farà sfoggio di un preciso modo di parlare, un proprio temperamento e un vasto background personale.
Purtroppo, dopo un primo impatto discreto, giungono i primi difetti. Innanzitutto, la suddetta sezione è costituita quasi unicamente da dialoghi che, per quanto interessanti (svelano molti dettagli e rendono ottimamente l’idea di un gruppo di persone costrette a vivere insieme per lunghi mesi), costituiscono l’unica componente ludica. In altre parole, si va avanti nell’avventura semplicemente chiacchierando coi vari personaggi e, di tanto in tanto, appare una riga di dialogo nuova che porta avanti la storia. Tutto qui.

Poi, improvvisamente, dalle tinte gialle si passa a un intreccio rosso sangue, tipico della fantascienza horror. Ben presto vengono dimenticati i background, le conversazioni, le storie e le coerenze interne, e si lascia spazio a un remake (molto malriuscito) de “La Cosa”, con alieni mutaforma che si confondono con l’equipaggio e seminano terrore e morte. Il tutto a velocità iperbolica, tanto che si giunge ai titoli di coda senza neanche comprendere realmente il ruolo del giocatore, il cui intervento è richiesto solo per compiere piccole commissioni ed eseguire le indicazioni dei sopravvissuti.

Il mezzo di Danny viene attirato inesorabilmente nel buco nero durante l'intro del gioco.

In realtà, la narrazione di “The Orion Conspiracy” fa acqua in più punti. Se escludiamo l’ottima caratterizzazione dei personaggi (a volte un po’ eccessiva, Ward su tutti) e l’interessante sfondo futuristico, non sono presenti veri e propri punti di interesse all’interno di una sceneggiatura fin troppo discontinua.
Non aiuta per niente la ‘pianta’ della stazione. La Cerberus è, infatti, un grande labirinto: decine e decine di porte fotocopia conducono agli alloggi dell’equipaggio, tutte piazzate in corridoi tremendamente simili fra loro senza alcuna indicazione utile ad orientarsi (ma è possibile entrare solo in cinque o sei camere durante tutta l’avventura). Non vanno dimenticati poi i chilometri che si è costretti a percorrere a piedi attraverso gli stessi, monotoni meandri della struttura, nei quali ogni tanto si può incrociare un membro della crew o un… cane (no, davvero), piazzati forse nella vana speranza di spezzare l’inevitabile noia.
Ciò che è peggio, inoltre, è che l’intera vicenda manca completamente di approfondimento, limitandosi ad archiviare brevemente la trama principale riguardante il figlio del protagonista e partendo poi verso la più classica delle invasioni aliene, durante la quale in pochi minuti i componenti della stazione vengono drammaticamente decimati. Bruciati tutti – o quasi – i personaggi in sbrigative stragi senza senso, il titolo perde ogni carisma e butta alle ortiche il curato background narrativo.
In pratica, la storia cambia binario in un attimo e accelera follemente durante tutta la seconda metà senza lasciare realmente il segno, mancando di spunti di rilievo e, soprattutto, dimenticando le buone premesse iniziali: cos’è di preciso l’Effetto Orion? Perché Devlin ripete più volte che non è stato un buon padre? Cosa è successo durante la guerra? Perché i rapporti fra le due compagnie sono così instabili? Cosa sono quegli organismi extraterrestri? E cosa cercano, come vivono, quali sono i loro obiettivi?
Forse alcuni di questi punti vengono sviluppati nel fumetto allegato… peccato però che l’extra sia stato reso disponibile solo con le versioni americane del gioco. Sarebbe stata un’attenuante da poco, comunque: il titolo della Divide By Zero resta in ogni caso molto debole dal punto di vista narrativo, con tanti semi piantati (alcuni di buona qualità) che non vengono mai raccolti.

Un tipico enigma di Bassa morale™: il topo nella zuppa! Erano anni che volevo rifarlo!

Impossibile poi non menzionare l’irritante approccio serioso del gioco: con la scusa di star sviluppando una trama ‘vietata ai minori’ (in effetti, l’ELSPA valutò il titolo adatto solo a chi avesse raggiunto la maggiore età), gli autori si dimenticano del tutto l’ironia, costellando “The Orion Conspiracy” di personaggi che al massimo provocano qualche momento di umorismo involontario a causa del frasario volgare e del voler essere ‘a tutti i costi umani’. Il meccanismo è spinto al limite, come a voler rivendicare ogni minuto la natura ‘vietata ai minori’ del titolo e, ovviamente, sortisce l’effetto contrario.
Il linguaggio è infatti uno dei (presunti) motivi di interesse dell’avventura, che spesso viene ricordata come primo prodotto videoludico che ha utilizzato il termine ‘omosessuale’ riferito a un personaggio. Purtroppo abbondano anche volgarità gratuite, tra ripetute allusioni sessuali, battute sopra le righe ed esternazioni del tutto fuori luogo (e va anche considerato che l’edizione italiana sia molto edulcorata rispetto all’originale) atte a ricordarci che siamo di fronte a qualcosa di trasgressivo: naturalmente, sembra piuttosto di avere a che fare con un bambino che ha imparato da poco qualche termine ‘proibito’ e non vede l’ora di dimostrarlo al mondo.

La povera Bernard sembrava saperla lunga, ma l'alieno mutaforma che ha appena eseguito una fatality su di lei non era molto d'accordo...

“The Orion Conspiracy” spara le sue cartucce migliori (fallendo) nel reparto narrativo, e tecnicamente non si riscontra niente di memorabile. La grafica appare infatti buona e pulita, i personaggi ben realizzati (dotati di animazioni fluide ma complessivamente in numero minore rispetto a “Innocent Until Caught”) e gli sfondi discreti. Come da scaletta, però, giungono presto diversi ma: gli sprite a volte assumono pose un po’ bizzarre, innaturali e, soprattutto, ripetitive (specialmente durante i dialoghi); gli sfondi, specialmente quelli relativi ai corridoio della stazione, si mostrano spogli e impersonali; infine, è davvero imbarazzante ascoltare un personaggio alzare la voce e imprecare mantenendo la posa tipica di una discussione tranquilla mentre conserva sempre la stessa espressione. Peccato perché, in realtà, il colpo d’occhio visivo non è così male, ma purtroppo viene tutto rovinato quando è in movimento.
Non risollevano le sorti né le musichette campionate (rozze e insistenti), né gli effetti sonori (più numerosi che nei titoli precedenti, ma comunque rari e spesso inadeguati). Buona, invece, la resa visiva della cutscene spaziali.
Il doppiaggio (interamente nella nostra lingua) merita un piccolo capitolo a parte: generalmente, le voci degli attori non sono malvagie (ho trovato molto profondo il timbro del protagonista), ma si lanciano in alcune caratterizzazioni fin troppo marcate (il solito Ward, per esempio) e in recitazioni mediocri, soprattutto durante i momenti più ‘forti’, risuonando assai false.

Ward, preso dal panico, minaccia i presenti. La sua ex, 'Punto G' Brooks, tenta di riportarlo alla ragione.

Infine, gli enigmi. Se di enigmi si può parlare, perché principalmente in “The Orion Conspiracy” ci si limita a fare da fattorino in lungo e in largo nell’ambiente di gioco. La difficoltà si presenta bassa durante la prima parte (da mal di testa l’orientamento all’interno della stazione), per poi divenire praticamente nulla nel resto dell’avventura. La stessa interfaccia facilita il giocatore: cliccando su un oggetto o su un personaggio si attiva il menù delle azioni disponibili, che comprende anche l’utilizzo semi-automatico degli oggetti che Devlin porta con sè (non è previsto quindi il trascinamento dell’icona dall’inventario fino al punto desiderato).
Tutto è tarato in modo da suggerire la mossa successiva, che spesso appare fin troppo evidente anche senza alcun aiuto e, come se non bastasse, ripetitiva nella sua esecuzione. Peraltro, il ritmo esageratamente accelerato nella parte finale comporta una diminuzione dell’interattività che annulla ogni stimolo intellettivo.
Come a completare il tutto, il gioco soffre anche di una certa scarsezza di descrizioni: cliccando su un hot spot marginale, ascolteremo il protagonista esaminarlo spesso in modo del tutto ininfluente (“È un tavolo”, “È una sedia”: illuminante), a scapito della caratterizzazione dei comunque spogli ambienti.

Meglio mettersi comodi, arriva l'inevitabile spiegazione 'Posso dirti tutto, tanto ti ucciderò comunque'. Come se la cavera il buon Devlin?

The Orion Conspiracy” è un titolo sbagliato fin dagli intenti. Alcune idee, unite al solido background, avrebbero potuto risultare interessanti, ma restano sommerse da approcci discutibili e da una sceneggiatura banale e poco profonda infarcita da una dose massiccia e inutile di politicamente scorretto. Neanche sotto il profilo audiovisivo e ludico è possibile osservare qualche concreto, o quantomeno intrigante incentivo, facendo sì che l’intero prodotto rasenti la soglia della sufficienza piena senza mai andare oltre.

     

La citazione:
Steve: Così adesso sai la verità.
Devlin: Perché non me l’hai detto?
Steve: Dirti cosa? Che tuo figlio era omosessuale? Gay? Un finocchio? In QUALE modo ti sarebbe piaciuto saperlo?

 

Nota: “The Orion Conspiracy” segue il trend dei Divide By Zero di richiedere configurazioni impossibili (o quasi). Dosbox emula il tutto abbastanza bene, grazie anche alla possibilità (all’interno stesso del gioco) di accelerare la velocità dei movimenti. Le cutscene sono però parecchio esose e sono riuscito ad evitare i rallentamenti settando la CPU Core a ‘dynamic’ e alzando di molto il numero dei cicli, con il processore spinto davvero al limite.

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Categories: videogiochi

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