Shivers

Una moderna leggenda narra che il museo del Professor Windlenot sia infestato dai fantasmi; inoltre, pare che due ragazzi abbiano perso la vita venendo a contatto con le forze sovrannaturali al suo interno.
Un adolescente, rinchiuso nel cortile del museo per superare una sorta di rito di iniziazione, deve farsi coraggio e affrontare il mistero che circonda il posto. Ben presto sarà costretto a sfidare i terribili Ixupi, spiriti maligni figli del Dio Serpente dei Maya.

Seconda avventura di stampo horror della Sierra dopo “Phantasmagoria”, “Shivers” (1995) rappresenta un tentativo piuttosto evidente di cavalcare il successo di “Myst”, il capolavoro della Cyan pubblicato poco prima, rifacendosi nel contempo a un altro classico come “7th Guest”.
Si tratta, quindi, di un’esperienza solitaria all’interno di un grande ambiente misterioso e spettrale infarcito di enigmi e puzzle. Scopo: recuperare una serie di particolari ‘vasi’ capaci di catturare gli Ixupi.

I 'simpatici' amici del protagonista, che chiuderanno il povero ragazzo all'interno del cortile del museo, lasciandolo al proprio destino.

Indizi sulla risoluzione dei vari ostacoli vengono centellinati attraverso documenti e testimonianze di ogni tipo (lasciati dal professore o dai due teenager scomparsi) che hanno anche il compito di portare avanti una trama in realtà poco rilevante.
La materia grigia del giocatore è costantemente messa alla prova da zone apparentemente inaccessibili, passaggi segreti e porte con combinazioni astruse: tanta pazienza, minuziose esplorazioni e una certa dose di intuizione sono indispensabili per venirne a capo. In generale, la difficoltà si assesta su un livello medio-alto, ma il gioco si dimostra piuttosto onesto nel proporre problemi con una soluzione sempre logica. Un po’ più avulsi dal contesto, invece, appaiono i numerosi puzzle che si trovano lungo la strada (per esempio una variazione della dama cinese e un classico ‘Master Mind’), alcuni davvero snervanti. La curva di difficoltà è stata comunque calibrata, con una sezione introduttiva – lineare e generalmente semplice – ambientata all’esterno del museo; una volta entrati, però, il gioco offre un ambiente molto vasto esplorabile liberamente, con enigmi di ogni tipo da risolvere nell’ordine che si vuole.

Molte sezioni del museo sono tematiche: questa camera è dedicata ai licantropi.

L’avventura garantisce anche una randomizzazione di alcuni elementi che, secondo la game designer Marcia Bales, è stata mutuata dall’educational “Mixed-Up Mother Goose Deluxe” (realizzato dalla Sierra stessa): grosso modo, tale aspetto coinvolge la posizione in cui sono nascosti i vasi anti-Ixupi e il punto di partenza di alcuni puzzle, ma in verità la feature non modifica l’esperienza di gioco nella sostanza.
Le lunghe esplorazioni sono inoltre caratterizzate da un clima di costante tensione, in particolare procurata dalle ottime musiche e dalla possibilità di venire attaccati dagli Ixupi, mimetizzati perfettamente in alcuni luoghi. I malvagi spiriti hanno infatti la capacità di ‘succhiare’ l’energia vitale del protagonista (indicata attraverso una sorta di barra di energia) a ogni assalto: in ogni caso, se si ha l’accortezza di evitare i posti infestati e se si pone orecchio agli indizi musicali che indicano la loro presenza, assistere alla morte del nostro alter-ego è un rischio praticamente nullo.
Decisamente discutibile, invece, la scelta di permettere il trasporto di solo un frammento di vaso alla volta, il che costringe a memorizzare i luoghi in cui sono conservati.

L'integrazione grafica degli Ixupi con lo scenario non è certo perfetta, e il risultato a volte sfiora l'umorismo involontario.

Graficamente, Shivers si presenta con la classica visuale in prima persona e una serie di scenari fissi (non è possibile muovere lo sguardo) disegnati ad acquarello, scansionati e modificati con 3D Studio Max e Photoshop. Sebbene la tecnica potesse garantire ai tempi una resa visiva più che buona, oggi l’aspetto generale risulta invece molto invecchiato, in particolare per quanto riguarda gli esterni, davvero poveri di dettagli. Gli interni, per fortuna, ne escono meglio, grazie anche a una certa varietà negli scenari e alla cura riposta nel ricreare una magione fredda e lugubre.
Fa inoltre sorridere la rappresentazione quasi cartoon degli Ixupi, che rischia di farli apparire come buffi spiritelli piuttosto che come terribili semi-dei.
Da segnalare infine una piccola serie di filmati in FMV con attori reali (una tecnica che la Sierra stava perfezionando proprio in quel periodo) di discreta realizzazione.

Gli esterni rivelano una certa scarnezza della grafica, che mostra decisamente i segni del tempo.

La parziale assenza di una sceneggiatura classica e il focus sull’aspetto più cervellotico fanno di “Shivers” un gioco rivolto agli amanti degli enigmi più complessi. L’esperienza della software house garantisce una solidità di fondo che evita – per la maggior parte delle volte – un game design basato su scogli insormontabili o illogici.

     

La citazione:
Professor Windlenot: Gli Ixupi! Qualcuno li ha liberati dai vasi! Non è mai esistito niente di più malefico!

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Categories: videogiochi

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