Simon the Sorcerer II: The Lion, the Wizard and the Wardrobe
Reincarnatosi in via provvisoria all’interno di un corpo robotico, il perfido stregone Sordid medita vendetta verso chi l’ha precedentemente sconfitto, il maghetto teenager Simon. Con l’aiuto di un malefico ragazzino, Runt, Sordid richiama il suo antagonista dal mondo reale attraverso un guardaroba magico. Purtroppo per lui, però, qualcosa va storto, e Simon finisce per materializzarsi proprio accanto al negozio di Calypso, il mago buono che aveva salvato nella precedente avventura…
Sviluppato dal medesimo team dell’originale (Simon Woodroffe è nuovamente al comando), “Simon the Sorcerer II” (il sottotitolo riporta “The Lion, the Wizard and the Wardrobe”, un riferimento a “Le Cronache di Narnia”) è l’inevitabile sequel di quel “Simon the Sorcerer” che si era rivelato, un po’ a sorpresa, un vero e proprio hit. Edito nel ’95, il gioco rappresenta un more of the same di ogni aspetto dell’originale, conservandone nel contempo la purezza d’intenti: far ridere il giocatore.
In poco meno di due anni dal primo episodio poco o niente è cambiato sotto l’aspetto concettuale: Simon, un giovane ragazzo con una spiccata tendenza al cinismo e all’irriverenza, si trova catapultato nuovamente in un folle mondo popolato dai più classici personaggi della letteratura fantasy o delle fiabe.
In generale, ogni aspetto del gioco è stato migliorato e, più spesso, esasperato. Se, per esempio, la grafica è rimasta sostanzialmente invariata nella sua fiera bidimensionalità, con sfondi oramai non certo eccellenti ma funzionali, le animazioni, già numerosissime nel primo episodio, sono praticamente infinite e fondamentali per la buona riuscita di parte delle gag. In aggiunta a ciò, la longevità risulta sensibilmente aumentata, così come la varietà di ambientazioni, che spaziano da una cittadina, a un’isola tropicale, a una nave pirata (!).
Per quanto riguarda gli enigmi, invece, occorre soffermarsi un attimo. È vero che la loro struttura, basata sulla manipolazione di oggetti, sfoggia un delizioso classicismo; è anche corretto però affermare che, alternandosi a fasi di generale ovvietà, molti puzzle risultano essere esageratamente illogici (perfino in un contesto così fuori di zucca) e sprovvisti di adeguati indizi circa la loro risoluzione, come se i programmatori avessero giocato ad ‘aggiungere roba’ senza un vero criterio e basandosi su una serie di ambientazioni già preparate. Quasi l’intera vicenda, infatti, si basa sul ritrovamento di un semplice oggetto (il ‘mucusade’, carburante per il guardaroba magico) che scatena una lunghissima serie di enigmi: il problema è che il modo per arrivarci si rivela talmente articolato e fuori contesto che si finisce per risolvere i vari puzzle senza capire minimamente come ciò possa portare dei progressi. Come risultato si affronta il gioco praticamente a caso, perdendo di vista l’obiettivo principale e andando avanti sperando che in qualche modo si sblocchi la situazione: è un ottimo esempio il caso del recupero della ‘spada nella roccia’, possibile solo dopo aver costretto un nerd a desiderare un tatuaggio così da averne uno gratis per noi (se non vedete alcun nesso è perché… non esiste).
Per fortuna, tale aspetto (già presente, in misura minore, nel gioco originale) riesce in qualche modo a porre l’accento sull’umorismo, vero protagonista della storia. Sebbene manchi un intreccio degno di questo nome (in pratica, la storia non va oltre il plot di base – ma occhio però all’inaspettato cliffhanger!), le battute, i personaggi e le situazioni sono talmente divertenti che “Simon the Sorcerer II” centra perfettamente l’obiettivo prefissato. A questo proposito, va segnalato in questo seguito un contesto che mixa assurdamente il fantasy e il fiabesco con il pop in una sorta di parodia goliardica molto simile a quella che la Dreamworks effettuerà solo diversi anni dopo con la serie di “Shrek”. Se, nel primo episodio, era il solo Simon a incarnare il personaggio fuori posto all’interno di un’ambientazione fantasy tutto sommato classica, ora quasi l’intera gamma di macchiette e locazioni appare – volutamente – fuori contesto e sregolata: così abbiamo esempi come la Signora del Lago che in realtà è una cicciona infilata in una tuta da sub, Riccioli d’Oro che infine si toglie via la parrucca bionda, un Genio della Lampada alcolizzato e via dicendo. Un mondo nel quale il buon Simon sguazza alla grande, sfornando battute a ritmo continuo con il solito ausilio di soluzioni meta-narrative, sfondamenti della quarta parete, giochi di parole e cattiverie gratuite.
Tale umorismo riesce anche a confermare l’identità precisa della serie, che a questo punto si distacca totalmente dalle radici monkeyislandiane. La costruzione di un mondo così schizofrenico permette salti (il)logici fra una situazione/ambientazione e l’altra senza soluzione di continuità, favorendo la nascita di gag e momenti sopra le righe. Forse però un meccanismo così pretestuoso ed accentuato, a lungo andare, rischia di far rompere il giocattolo, e in effetti qualche volta si può percepire nell’avventura una fastidiosa sensazione di ‘cazzeggio scriteriato’, specialmente durante gli enigmi più vaghi e scorretti. Niente paura, perché quel momento passa velocemente in seguito all’ennesima risata; resta però il sospetto che forse gli autori avrebbero potuto moderarsi un po’.
Nella norma il resto. A fronte di musichette di certo non memorabili, il gioco risponde con un doppiaggio di alta qualità. Ampiamente criticata la scelta di Brian Bowles per Simon: in effetti, la voce dell’attore può sembrare un po’ troppo matura per un ragazzino, ma la recitazione resta comunque molto buona.
In un periodo in cui la Lucas sperimentava nuove soluzioni a tutto schermo (le icone cicliche di “Sam & Max: Hit the Road” o il ‘tatuaggio’ di “Full Throttle”) e la Sierra inaugurava il puntatore intelligente, il gioco della Adventure Soft si limita a rendere più gradevole la vecchia interfaccia, cercando goffamente di lasciarsi alle spalle il plagio del sistema SCUMM con un sistema a icone simil Sierra che in realtà maschera (neanche troppo abilmente) la medesima struttura, con tante (troppe) icone, perlopiù inutili e dispersive: un passo falso.
L’adattamento italiano, curato da una parte della ex redazione della rivista ‘The Games Machine’, è buono ma a volte eccessivamente ‘libero’: bisogna però ammettere che non si trattava affatto di una localizzazione semplice.
“Simon the Sorcerer II” è il classico seguito che esalta i pregi dell’originale. Se si è apprezzato il capostipite, difficilmente si può bocciare la seconda avventura dell’irriverente maghetto. Resta comunque da segnalare un umorismo gustoso ma per molti versi eccessivo che potrebbe essere indigeribile per alcuni giocatori.
La citazione:
(durante un black screen che funge da salto temporale)
Didascalia: Dopo una breve quanto inaspettata eclissi di sole…
Nota: L’avventura gira perfettamente su ScummVM. Attenzione però ai sottotitoli: se attivati, rischiano di troncare la recitazione di molte frasi a causa di una qualche incompatibilità dell’engine sulle macchine moderne.
Giugno 11, 2012 lunedì at 4:33 pm