Undercover: Dual Motives

Siamo nel 1938, l’Europa è sull’orlo della più sanguinosa guerra della storia e regna un tesissimo e crescente clima di sospetto. Il fisico John Russell – insieme ad altri luminari dei più svariati campi scientifici – lavora a progetti top secret, per conto del governo inglese, all’interno di un istituto di ricerca supervisionato dal direttore sir Williams. Quando il professore viene ingiustamente accusato di spionaggio, non gli resta che tentare di scagionarsi il prima possibile. Per fortuna, troverà una fidata alleata: la bionda segretaria di sir Williams, Audrey.

Undercover: Dual Motives” (anno di uscita 2007, comparso in Italia l’anno successivo) è il secondo capitolo ufficiale – e quindi non una semplice conversione – della serie di “Undercover”, inaugurata dalla teutonica Sproing nel 2006 con “Undercover: Operation Wintersun“. A sorpresa, però, questo episodio non è edito sulla macchina di gioco originale della saga (il PC), ma è pubblicato su Nintendo DS. Il rischio di ‘tradire’ i fedeli del primo “Operation Wintersun” è però scongiurato dal fatto che “Dual Motives” è un ‘prequel’ completamente sganciato dall’episodio precedente (a parte il protagonista, viene ripreso unicamente il personaggio del colonnello Travers): una storia totalmente a sé, quindi, in cui l’ambientazione fa da apripista a quella rappresentata nel titolo originale.

L'inventario è posizionato nello schermo superiore: se lo si vuole manipolare, bisogna spostarlo allo schermo inferiore tramite un apposito tasto.

Purtroppo, anche questa volta, la squadra di Georg Heinz dimostra di gettare al vento delle premesse interessanti. La prima idea degna di nota riguarda l’approccio narrativo. In “Dual Motives”, infatti, la vicenda è più personale e l’area di gioco è limitata (il complesso dei laboratori di ricerca con i relativi uffici e poco più): fattori che contrastano con l’ampio respiro da ‘avventura in giro per il mondo’ che caratterizzava “Operation Wintersun”. Di per sé, questa scelta potrebbe rivelarsi più che interessante, rafforzando le differenze fra le due ambientazioni e rispettando una certa coerenza evolutiva del fenomeno del conflitto (la storia narra un minuscolo filo della fitta ragnatela di intrighi che poi ha condotto alla guerra). Purtroppo però l’esecuzione è nuovamente carente: le vicissitudini ‘caserecce’ del professor Russell non sono né intriganti né eccitanti, e raccontano una sorta di romanzo giallo gestito in malo modo, con personaggi tagliati con l’accetta, sospetti ‘insospettabili’ e colpevole che infine spunta quasi dal nulla (dopo essersi solo intravisto nel corso del gioco). La trama appare inconsistente e banale, costellata com’è da conversazioni fuori contesto e incarichi totalmente gratuiti, con un picco negativo sul finale, nel quale la risoluzione assume tinte tragicomiche involontarie. Perfino i dialoghi – uno degli aspetti positivi di “Operation Wintersun” – sono scritti in maniera piatta e poco ispirata, non riuscendo a far spiccare nè il nostro John, né soprattutto l’insipida co-protagonista (è appena più interessante il personaggio della guardia McFee).

La decodifica e l'utilizzo del codice Morse è uno dei minigiochi più divertenti dell'avventura.

Di contro, i controlli confermano la cura degli Sproing per l’interfaccia di gioco, perfettamente adattata alla console Nintendo: se i tasti sono utilizzati per richiamare inventario e mappa, lo stilo sullo schermo ‘touch’ fa muovere il personaggio e lo fa interagire con lo sfondo (per ogni interazione possibile, al massimo due icone/opzioni). C’è anche la possibilità di far segnalare tutti gli hotspot della schermata: una funzione che si utilizza spesso, poiché senza cursore è molto dura individuare le varie ‘zone sensibili’.

Il tasto R, invece, attiva un altro degli aspetti più interessanti di “Dual Motives”: lo switch del personaggio, che permette di controllare alternativamente John o Audrey. L’opzione dà naturalmente la possibilità di risolvere enigmi alternativi, come quelli ‘in tandem’, o quelli in cui è richiesta la scelta del protagonista giusto. In realtà, però, la funzione si traduce spesso in un’altra idea sprecata, poiché generalmente non c’è alcun modo di intuire quale dei due personaggi sia effettivamente più adatto a superare un puzzle (problema scaturito anche dalla scarsa caratterizzazione).

 

 

I dialoghi sono rappresentati attraverso immagini statiche dei volti degli interlocutori.

Sempre a proposito di enigmi, si può osservare come il loro numero non sia molto elevato e sia composto perlopiù da insulse commissioni o scogli semidemenziali incentrati sui personaggi secondari. L’aspetto peggiore è però costituito dall’insufficienza di indizi, che contribuisce a confondere le idee riguardo alla prossima mossa da fare (d’altra parte, chi può immaginare di dover segare la cima di un attaccapanni e unirlo a una corda, solo per costruire un rampino di fortuna?). A ciò si unisce anche la generale carenza di puzzle investigativi, che sarebbero stati sicuramente più integrati alla (pur esile) trama.
Per fortuna comunque il game design sembra risollevarsi in qualche occasione, per esempio durante la seconda parte (più interessante anche grazie alla sceneggiatura in crescita), e nei rari ma piacevoli minigiochi (che utilizzano le proprietà ‘touch’ della console).
Seguendo il trend della serie, anche “Dual Motives” è dotato di una scarsa longevità: il gioco era venduto a un prezzo ben più alto rispetto a quello di “Operation Wintersun”, quindi l’aspetto non era da sottovalutare.

Per quanto riguarda il comparto audio/video, la qualità è generalmente accettabile, con personaggi animati (un po’ alla buona) in 3D che si muovono su discreti fondali. Il sonoro è poi composto da fx nella norma e da diverse musichette non certo eccelse (torna anche il main theme di “Undercover”, riarrangiato durante la schermata del menu).

Durante gli enigmi in tandem, l'inventario è sostituito da un'immagine del protagonista che non si sta controllando.

Undercover: Dual Motives” è un passo indietro rispetto al già non entusiasmante “Operation Wintersun”. In pratica, il titolo per DS non fa altro che ripetere gli stessi errori del predecessore, aggiungendone però degli altri facilmente evitabili. Una maggior cura nella sceneggiatura avrebbe potuto salvare in corner un soggetto non così malvagio, ma purtroppo Georg Heinz e soci sembrano essere i primi a non credere nelle potenzialità del progetto. Come prima avventura occidentale nata originariamente su DS, si poteva e doveva fare di più. Fortunatamente esiste una notizia positiva: questa volta niente bug gravi.

     

La citazione:
Audrey: Sono riuscita a sentire una conversazione con sir Williams.
John: E allora?
Audrey: John, è terribile! Pensano che tu sia colpevole di qualcosa e potrebbero impiccarti!
John: Impiccarmi? Non ho fatto niente!
Audrey: Lo so, sei una brava persona! Non so davvero cosa credano che tu abbia fatto, ma…
John: Ci conviene scoprirlo.

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Categories: videogiochi

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