Another World

Fin dalla (bellissima) cover è possibile comprendere il setting di “Another World”: la silhouette di un uomo si staglia su un promontorio e abbraccia un brullo e – con ogni probabilità – ostile panorama; dietro di lui, una creatura cerca di tenere a bada una bestia.
Un esperimento scientifico andato male ha catapultato Lester (questo è il nome del protagonista, come si apprende esclusivamente dal manuale) in quel mondo alieno, in cui si materializza improvvisamente all’interno di una sorta di vasca (artificiale?). Non c’è tempo da perdere: il giocatore deve prendere in mano i controlli e tirar fuori Lester da lì. Ma prima di accorgersi che la mancanza d’aria può causare la sua dipartita, ecco spuntare anche dei famelici tentacoli in procinto di afferrarlo. Non appena si esce dall’acqua si scorgono per un attimo i canyon sconfinati e il cielo illuminato da due lune crescenti, ma esitare costerebbe la vita: si è infatti costretti ad allontanarsi di corsa o il mostro afferrerebbe l’uomo dal bordo della vasca. Ancora qualche passo e un’enorme bestia tenterà di fargli la pelle, inseguendolo fino a un precipizio.

La descrizione dei primi secondi di gioco rende bene l’idea. Qualcuno può chiamarlo ‘action-adventure’, altri ‘platform cinematografico’: la verità è che “Another World” incarna alla perfezione il significato di avventura, inteso non come genere videoludico ma come esperienza.
Il protagonista corre, salta, spara, crea scudi d’energia, rotola, nuota, si trascina e si appende a una liana senza soluzione di continuità, adattando le sue azioni a ciò che il contesto richiede. La linearità è infatti il pretesto per mettere in scena una serie di situazioni incalzanti in cui lo scontro diretto e l’abilità nei controlli sono richiesti solo in una manciata di occasioni. Nel resto dei casi si tratta invece di comprendere come affrontare i problemi che si presentano (spesso esaminando lo scenario e giocando d’astuzia), dopodiché l’esecuzione è quasi automatica: il tutto in nome di una varietà senza pari con sfide *sempre* diverse che sorprendono in un incedere che non concede tregua.

Riuscire a scegliere un punto su cui concentrare il discorso è praticamente impossibile. L’ottima resa del rotoscope, l’assenza di veri dialoghi, i riverberi spettrali e il sibilare del vento. O ancora, le cutscene che irrompono fluidamente nelle sequenze senza stabilire un vero stacco fra gioco e scena non interattiva, la scelta di non inserire un tappeto musicale, la visionarietà degli scenari alieni, i checkpoint – posti generalmente prima di un’azione utile – che di fatto attenuano eventuali frustrazioni causate dai ripetuti game over. “Another World” è capace di creare empatia verso un personaggio (l’alieno ‘amico’) che si esprime a gesti e pronuncia versi incomprensibili, e osa perfino un finale quasi poetico.
Qualcuno potrebbe criticare la sua eccessiva brevità, ma in realtà il gioco finisce subito prima che la soglia d’attenzione cominci a calare.

Non è un caso che l’Hideo Kojima dell’eccezionale “Metal Gear Solid” abbia indicato “Another World” come una delle sue maggiori influenze. Il capolavoro dell’unico autore Eric Chahi è una preziosa esperienza e un’avventura totalizzante dal ritmo perfetto, dotata di un gameplay che dopo oltre 20 anni riesce a non essere minimamente scalfito dall’età, presentandosi oggi con immutato fascino.

INTERESSOMETRO: 5 punti su 5.

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